venerdì 4 settembre 2015

Pioggia miracolosa


Pioggia miracolosa

Gian Luca Tavecchia


Faceva caldo, troppo caldo, veramente caldo. Era solo il 10 giugno ma il sole martellava come un fabbro impazzito e l’incudine era la sua testa. Si era dimenticato il cappellino con visiera rossonero e ormai non ce la faceva più.
A dir la verità non era stata una dimenticanza casuale, portarsi il cappellino milanista al campetto sarebbe stato troppo pericoloso. Sicuramente Gigi e Geppe glielo avrebbero rubato, calpestato, infangato e allora addio cappellino del Milan.
Quei due quindicenni, alti una spanna più di lui, con la sigaretta fra le labbra e la bestemmia facile, l’avrebbero deriso e tormentato per tutto il pomeriggio, invece così a capo scoperto ci pensava solo il sole a torturarlo.
Maurizio aveva quattordici anni, faceva il portiere ed era milanista, rossonero fino al midollo, si sentiva il nuovo Fabio Cudicini , il “Ragno Nero”.1
C’era però una differenza sostanziale fra i due: Cudicini era altissimo e magro, Maurizio era basso, rotondetto, un pochino infantile e soprattutto buono come un pezzo di pane.
Era solo il portiere di riserva del Gruppo Sportivo MS, il titolare era Carlo, fratello di Gigi e decisamente più in gamba di lui. Nelle partite importanti restava in panchina e fino ad oggi non aveva mai fatto una partita ufficiale.



Gigi e Geppe erano interisti e non amavano i milanisti, per loro Maurizio era il “suino rossonero” e non perdevano occasione di sbeffeggiarlo quando si cimentava fra i pali della porta al campetto. Non avevano tutti i torti, Maurizio era famoso per le sue papere e nonostante la buona volontà faticava a concludere una partita senza qualche cappellata.  Ma oggi il cappello non l’aveva e papere non ne aveva ancora fatte, tutto filava liscio. Ci pensava Alfonso a tener in ordine la difesa con la sicurezza di un veterano.
Ecco... quando giocava con Alfonso si sentiva meglio. Questo ragazzino biondo e sveglio, milanista sfegatato come lui, era il suo unico amico. Lo incoraggiava sempre anche quando la combinava grossa come quella che stava facendo adesso... un tiretto del cavolo dell’ala sinistra avversaria e pluf! La palla, passata in mezzo alle gambe, finisce in rete!
«Pirla! Cretino! Idiota! Maiale! Ciccione! Con noi non giochi più!»
Gigi e Geppe, le due mezzali, non smettevano più di insultarlo. I pochi vecchietti che stavano assistendo alla partita gli urlavano di darsi all’ippica e di mangiare più polenta.
Si sentiva uno straccio, nemmeno Antonio, il loro allenatore, lo aveva rincuorato. Era chiaro che non aveva alcuna fiducia in lui.
Solo Alfonso l’aveva fissato negli occhi dicendogli di alzarsi da terra, battendogli una manata sulla spalla.
Mannaggia al caldo, al cappellino e al mondo intero! Senza il supplizio del sole avrebbe sicuramente parato quel tiro! Lui il caldo proprio non lo sopportava, colava sudore e si sentiva debole!
Maledizione! Se almeno si fosse messo il cappellino!
Tornò verso casa sconsolato, avevano perso per colpa sua. Era solo un’amichevole ma la papera l’avrebbe costretto alla panchina perenne. Sicuramente sarebbe diventato il terzo portiere. Meno male che pochissimi volevano fare il portiere. Tutti si sentivano gli eredi di Rivera, Mazzola, Riva e Bettega e a stare in porta erano sempre i più scarsi, e lui si sentiva veramente scarso, troppo scarso!
Si fermò davanti all’edicola del paese, amava tantissimo leggere i fumetti: Topolino, Capitan Miki e soprattutto Geppo, il suo preferito. Il Diavolo buono, grassottello e simpatico allietava le sue serate. Poveraccio quel diavolo dei giornaletti, era proprio come lui, buono e impacciato. Sicuramente sarebbe stato un pessimo portiere... proprio come lui... altro che Fabio Cudicini!
Stava pagando l’edicolante quando arrivò Alfonso in bicicletta.
«Ciao Maurizio, cosa hai comperato di bello? Geppo?2 Figo! Piace anche a me! Però, se vuoi diventare un grande portiere leggiti le avventure di un altro diavolo: Devil3, l’uomo senza paura! Pensa, è un avvocato cieco che combatte il crimine indossando un costume da diavolo! È bellissimo! Prenditi la mia copia, leggila prima tu e poi fammi sapere cosa ne pensi!»
Alfonso era veramente un amico, aveva comperato il giornaletto del suo supereroe preferito e lo aveva lasciato leggere prima a lui. Non aveva detto nulla della “maledetta papera” e lo aveva anche invitato a mangiare un gelato al bar prima di tornare a casa.
Mentre si gustavano il cornetto all’ombra di una betulla, Alfonso gli propose di fargli da allenatore personale. Era sicuro che una dose massiccia di rigori e tiri in porta da varie angolazioni avrebbe migliorato decisamente il suo rendimento, dandogli più sicurezza.
Purtroppo non fece in tempo a terminare il discorsetto che arrivarono i due interisti. Geppe parcheggiò la vespa vicino al bar e Maurizio sperò tanto che vi entrasse subito, con il suo compagno di malefatte, senza passare a rompere le scatole. Ma sarebbe stato troppo bello, due fetenti simili non riuscivano a stargli alla larga, dovevano tormentarlo sempre.
«Ciao ciccione!» esordì Geppe. «Cosa ti mangi? Cornetto? Ma bravo! Così alla prossima partita ne combinerai un’altra delle tue! Ma lo sai che fai schifo! Sì! Sei uno schifoso milanista! Un grasso porco rossonero! Adesso cosa fai? Ti metti a piangere? Dai! Vai dalla mammina! Buono a nulla! Anzi adesso ti faccio piangere io! Forza Gigi, prendigli un orecchio che ci divertiamo!»
Maurizio era bianco come il latte, aveva paura.
«Voi due non farete niente!» urlò Alfonso, parandosi di fronte a Geppe e facendo scudo a Maurizio. «Lo sapete che ho un gran tiro... se lo volete sentire sulle palle, ve lo faccio provare subito! Bulli di merda!»
Alfonso era rosso come un peperone, non aveva paura!
«Attento!» urlò Maurizio. Geppe partì all’improvviso con un pugno diretto al viso di Alfonso, ma l’avvertimento servì ad Alfonso per scostarsi di lato e piazzare un tremendo calcio in pancia a Geppe che cadde a terra contorcendosi dal dolore.
Gigi cercò di colpire Alfonso con un calcio, ma Alfonso, che era rapido come un gatto selvatico, intuì la mossa e con un terribile pugno in gola stese il balordello.
I film di Bruce Lee, che tanto amava, erano finalmente serviti a qualcosa di utile.
«Ora possiamo tornare a casa, credo che per oggi non romperanno più le scatole!»
Maurizio era sconvolto da quello che aveva visto ma felice come non mai, quel ragazzetto biondo, tutto nervi, aveva steso quei due bulli allucinanti, impartendogli una lezione che avrebbero ricordato per tutta la vita.
Maurizio non raccontò nulla ai suoi genitori, ci pensava già sua sorella, di tre anni più grande di lui, a creare problemi in famiglia con tutte le sue menate amorose. Tuttavia, erano da poco passate le 21 quando si sentì squillare il telefono. Era il padre di Gigi, un ricco commerciante sempre pronto ad accontentare i capricci del figlio. Rispose mamma Anna che, venuta a conoscenza di quello che era accaduto nel pomeriggio, senza prima ascoltare completamente il racconto del figlio, porse le sue scuse al padre di Gigi. Mamma Anna era la classica casalinga italiana tutta casa, famiglia e chiesa. Una brava donna, per carità, ma con una visione del mondo molto limitata, condita da una forte dose d’ingenuità che purtroppo aveva trasmesso ai figli.
Ben diverso fu l’esito della telefonata di rimostranze che arrivò a casa di Alfonso. Ci pensò suo padre a rispondere alle lamentele inferocite dei genitori di Geppe: li mandò letteralmente affanculo, invitandoli a: “Non rompere più i coglioni, se non volevano fare i conti anche con lui!”. Terminò la telefonata invitando il padre di Gigi ad insegnare l’educazione a quel debosciato vigliacco del figlio.
Il padre di Alfonso aveva fatto la guerra, non aveva più paura di niente e di nessuno, l’inferno l’aveva già visto sulla terra e quindi sapeva come era fatto.
Tornato dalla prigionia aveva lavorato tanto e duramente per dare un futuro dignitoso alla famiglia, costruendo con le sue mani la casa dove abitavano. Aveva imparato dalla vita che ogni cosa andava conquistata con fatica e sudore, senza aspettarsi niente da nessuno. Aveva insegnato a suo figlio a rispettare gli altri ma anche a farsi rispettare.
Il giorno dopo Alfonso e Maurizio si ritrovarono al campo di calcio ad allenarsi, di Gigi e Geppe nessuna traccia. Nel tardo pomeriggio, quando tutti gli altri compagni se ne furono andati, preferirono restare ad allenarsi. Alfonso iniziò letteralmente a bombardare Maurizio con tiri da tutte le angolazioni e a distanza sempre più ravvicinata: decine di calci di rigore, calci d’angolo e cross. Maurizio era stremato ma la cura stava facendo effetto, era riuscito anche a parare due rigori. Raramente Alfonso li sbagliava.
Dopo due ore di allenamento supplementare decisero che era giunta l’ora di farsi una bella doccia. Erano stanchi ma felici.
Maurizio temeva però la vendetta di Gigi e Geppe e chiese ad Alfonso cosa ne pensasse.
«Quando sarà il momento vedremo!» fu la risposta di Alfonso, per nulla intimorito di dover affrontare ancora i due bulletti.
Quando uscirono dal centro sportivo ebbero la brutta sorpresa di trovare le gomme delle biciclette squarciate. Gigi e Geppe si erano vendicati.
Maurizio iniziò a piangere. «Ecco! Non la finiremo mai con quei due! Chissà cosa mi faranno ancora!»
«Non ti preoccupare, le gomme della Vespa costano molto di più di quelle di una bicicletta scassata come la mia... credo che mi divertirò!» replicò Alfonso, indifferente a quello che gli era capitato.
Insieme iniziarono a spingere le biciclette fino a casa.
Arrivò la domenica mattina, giorno di partita. Il mister lesse la formazione e ovviamente mise in campo Alfonso, Gigi e Geppe, mentre Maurizio finì in panchina.
«Ho saputo dai vostri genitori che cosa è capitato fra di voi, non mi interessa quello che fate fuori dal campo, ma qui comando io e voglio che durante la gara i vostri rancori svaniscano. Questa partita è troppo importante per noi, non dobbiamo assolutamente perdere, quindi niente storie e cercate di mettercela tutta, dimenticando almeno per novanta minuti le vostre beghe. Attenti però, alla prima che mi fate vi caccio tutti e quattro dalla squadra, capito? E adesso datevi la mano!» disse il mister.
Nessuno osò replicare, Alfonso e Maurizio allungarono contemporaneamente la mano destra che Gigi e Geppe strinsero mollemente.
Faceva un gran caldo e l’arbitro sembrava già stanco ancor prima di dare il fischio d’inizio. Era la penultima di campionato e un pareggio sarebbe stato sufficiente per tenere a distanza le avversarie più vicine. Tuttavia Gigi e Geppe avevano una gran voglia di spaccare il mondo e soprattutto voglia di spaccar la faccia a Maurizio ed Alfonso alla prima occasione. Dopo cinque minuti l’arbitro fischiò un calcio di punizione dal limite a favore del Gruppo Sportivo MS, Gigi toccò la palla a Geppe che fece partire un gran tiro che si stampò sulla traversa, la palla tornò in campo e Alfonso, lesto come un gatto, la rispedì al volo all’incrocio dei pali, gonfiando la rete. Tutti esultarono, Maurizio era addirittura incontenibile, solo Gigi e Geppe restarono impassibili.
La cosa non sfuggì al mister che richiamò l’attenzione dei due, invitandoli ad abbracciare Alfonso.
«Bastardo! Ti abbraccio solo perché me l’ha detto il mister, ma stai attento, molto attento!» disse Geppe.
«Tranquilli, sono a vostra completa disposizione, adesso smettetela di rompere la palle e pensate a giocare!» rispose Alfonso.
Ormai non c’era più speranza, i rapporti erano definitivamente compromessi. Gigi e Geppe bramavano vendetta senza rendersi ancora conto che Alfonso era veramente un osso duro, molto difficile da rompere.
Il povero Maurizio schiattava per il caldo in panchina ma entrava in fibrillazione ogni volta che Alfonso toccava la palla. Non sbagliava mai un’entrata, anticipava sempre l’avversario senza commettere fallo, faceva ripartire l’azione e si proponeva in attacco, sempre pronto però a rientrare immediatamente in difesa. Insomma un vero libero moderno, con una classe innata e una grinta incredibile. Un capitano.
Gigi e Geppe si rendevano conto della differenza abissale di classe con Alfonso e ne soffrivano, la gelosia li rodeva. Nel passato potevano sfogarla sul povero Maurizio ma ora questa valvola si era definitivamente chiusa. Ricominciare a tormentare il molle Maurizio presupponeva il rischio di incorrere nella vendetta di Alfonso.
La partita intanto proseguiva tranquilla. Nessuna delle due squadre riusciva a rendersi particolarmente pericolosa, tutto sembrava girare per il meglio quando, improvvisamente, durante un banale contrasto si sentì Alfonso urlare di dolore! Il biondo difensore si lamentava e si contorceva dal male, il ginocchio destro era andato a ramengo. I sanitari capirono immediatamente che la situazione era grave e non ammetteva perdite di tempo. Subito Alfonso fu caricato sull’autoambulanza e portato al vicino pronto soccorso. Maurizio piangeva, il mister si disperava, Gigi e Geppe ridevano. Il destino aveva tolto loro dalle palle un grandissimo rompicoglioni. Ora avrebbero potuto tornare a spadroneggiare.
L’uscita dal campo di Alfonso fu devastante per la squadra. Lo sostituì il povero Benvenuto, detto “lo scoreggione”, che al posto dei piedi aveva due blocchi di calcestruzzo e nel giro di un quarto d’ora il risultato fu ribaltato. Lo sciagurato Benvenuto non ne azzeccava una, pur mettendoci un grande impegno era un buco continuo, un vero vecchio scarpone. Gli avversari si facevano beffe di lui, saltandolo senza fatica. In occasione del gol del pareggio perse stupidamente palla, esponendo la squadra al micidiale contropiede avversario. Due tocchi e finirono in porta, fulminando il portiere con un violento tiro rasoterra. Il gol del raddoppio fu un’altra bestialità del sostituto di Alfonso. Ciabattò malamente un rinvio dal limite dell’aria, facendosi così rubar palla dal centravanti che infilò la porta con un tiro a mezza altezza. Gigi e Geppe, bravissimi con la lingua ma poco con le gambe, correvano a vuoto e non riuscivano a contrastare i giocatori dell’altra squadra. Il caldo poi era diventato insopportabile e sembrava che si accanisse soprattutto con il Gruppo Sportivo MS. Nell’ultima azione della partita, ancora con gli avversari all’attacco, arrivò la ciliegina sulla torta di merda: Carlo, il portiere, si infortunò gravemente alla spalla. La frittata era fatta: sconfitta per 2 a 1 ed eliminazione fisica per lungo tempo del portiere e del libero titolari. La situazione in classifica era compromessa, la squadra aveva perso due punti di forza insostituibili e nell’ultima partita sarebbe stato obbligatorio vincere. Come ci sarebbero riusciti?
Maurizio si precipitò all’ospedale per aver notizie di Alfonso. Il suo unico vero amico si era fatto male, molto male. Maledizione! Non era possibile che tutto finisse così!
Arrivò quando Alfonso stava uscendo dalle stanze del pronto soccorso su una barella.
«Ciao Alfi, come stai?»
«Pensavo peggio, domani mi operano. Meno male che il dolore è diminuito, riesco a sopportarlo, e voi? Avete vinto?»
«No! La tua uscita ha mandato in tilt la difesa! Abbiamo perso 2 a 1 e Carlo si è infortunato anche lui!»
«Cazzo! Una sfiga terribile! Adesso è tutto compromesso! Mi raccomando se domenica giochi tu, allenati bene e trasformati in Devil, non in Geppo!»
«Non credo che giocherò, starò in panchina. Il mister farà giocare Lino in porta. Non è Albertosi ma sicuramente è meglio di me!»
«Non è detto, con la sfiga che abbiamo stai a vedere che si fa male anche lui. Anzi sapendo quanto è ingordo non mi stupirei che facesse qualche indigestione. Quello ha sempre fame, mangia di tutto. Non mi stupirei che fosse anche cannibale! Ma non ti preoccupare, andrà tutto per il meglio. Adesso vai a casa e stai alla larga da quei due cretini interisti. Se ti rompono le palle ricordagli che dovranno fare i conti con me. Gli devo bucare ancora le gomme della vespa, avevo già i chiodi in tasca. Anzi quasi quasi voglio vedere come brucia una vespa! Ciao Maurizio e forza Milan!»
«Ciao Alfonso, buona fortuna per domani, passerò a trovarti. Sei un grande!»
Bastava parlare due minuti con Alfonso per ritrovare grinta e voglia di combattere. Avrebbe fatto del suo meglio per non deluderlo e, anche a costo di rimetterci qualche dente, non si sarebbe fatto schiacciare da quegli stronzi immensi di Gigi e Geppe.
Lino era il secondo portiere, un ragazzone alto, robusto, peloso come un orso, sovrappeso e ingordo da impazzire. Mangiava di tutto e continuamente. Non c’era verso di fermarlo. I genitori erano costretti a nascondere il cibo per non vedersi svuotare il frigorifero e la dispensa in un battibaleno. Ogni giorno a pranzo era in grado di mangiarsi un piatto di pastasciutta al pomodoro, una bistecca alta tre dita con una montagna di patatine fritte, un salame intero, due etti di prosciutto o pancetta, olive e sottaceti a volontà, tre o quattro panini, frutta, dolce, gelato e caffè. Il tutto innaffiato da acqua, vino, birra e bibite a volontà.
A cena si sbafava un pollo arrosto intero con le solite patatine fritte annegate nella maionese, due uova sode con pomodori immersi in olio e aceto, oltre ai soliti frutta, dolce, gelato e caffè. Se andava in pizzeria con gli amici, immediatamente addentava con voracità lupesca prima una quattro stagioni, poi una margherita e infine mezza diavola piccantissima per favorire la digestione, scolandosi come minimo due litri di birra gelida.
Ovviamente finiva con frutta, dolce, gelato, caffè e limoncello. Al posto dello stomaco aveva un sacco gigante della spazzatura. Se qualcuno cercava di fermarlo e farlo ragionare, si arrabbiava e cominciava a barrire come un elefante ferito.
Di solito digeriva tutto quello che ingurgitava ma quando riusciva a fare indigestione erano guai. Si lamentava in continuazione, sacramentava, guaiva disperato e ingoiava dosi massicce di digestivi, camomille e limonate a litri che avrebbero stroncato un coccodrillo.
Meno male che giocava a pallone e a tennis. Non era Zoff né Panatta ma riusciva così a smaltire le seimila calorie giornaliere che ingurgitava. Era l’intellettuale della squadra, faceva la seconda ginnasio e studiava (tra tre/quattro fette di torta e tre/quattro tazze di cioccolata) con profitto. Forse intimoriti dalla sua stazza, Lino era ignorato da Gigi e Geppe. Restavano inoltre allibiti e sconcertati davanti ai suoi rutti fragorosi, che avrebbero messo in fuga un tirannosauro. Anche due piccoli balordi come Gigi e Geppe sapevano a chi rompere le palle e Lino non si sarebbe certamente prestato a far loro da materasso.
Un altro bel soggetto era Renato, detto Jair,4 l’ala destra della squadra. Alto poco più di un metro e sessanta, poco dotato tecnicamente ma in compenso velocissimo e in possesso di un tiro secco e talvolta pure preciso. Falso come Giuda con gli arbitri, cadeva in continuazione e si lamentava per la minima spintarella. S’inventava sceneggiate continue, condite da un vocabolario simile a quello di uno scaricatore di porto. Al contrario di Lino mangiava pochissimo, una scatoletta di tonno con due cracker erano sufficienti fino a sera. In compenso adorava il vino, soprattutto il lambrusco che il nonno teneva in cantina. Grazie a due memorabili ciucche era riuscito a distruggere prima il Ciao e poi il Garelli che gli avevano regalato i genitori. Anche Renato, pur essendo interista, subiva le angherie di Gigi e Geppe e avrebbe tanto desiderato spaccargli il muso, ma, al contrario del buon Maurizio, aveva una certa personalità e una dose di cattiveria notevole. Godeva nel mettere zizzania fra tutti ed era un ladruncolo patentato. Quando veniva scoperto correva a farsi proteggere da Alfonso, chiedendo perdono in ginocchio e piagnucolando come una femminuccia. Di solito la faceva sempre franca tranne con Benvenuto, che non gli lesinava calci nel sedere e tirate d’orecchie. In ogni caso la squadra aveva bisogno di lui e della sua grande velocità nel ribaltare le azioni. Quando riusciva a fuggire in contropiede al grido di: “vai Jair”, era difficilissimo fermarlo, bisognava abbatterlo subito o arrivava in porta. Di solito, stroncato da quaranta metri di corsa a perdifiato, buttava la palla in tribuna o gli usciva dai piedi un tiretto molle e fiacco, facile preda del portiere avversario.
Talvolta invece, se le forze lo sostenevano, riusciva a far gol con tiracci che s’insaccavano violentemente nel sette. Le sue reti scatenavano l’entusiasmo dei soliti quattro/cinque pensionati che seguivano la squadra: «Te vist che gol! El cur cume un negher! L’è el noster Jair!»
Fra questi spiccava Luigi, detto “Gigio baleta” per le palle gigantesche che raccontava.
«Nel Trentacinc ho fatto anca mi un gol inscì. Perché mi giugavi nelle giovanili dell’Ambrosiana e se non mi fossi scepato una gamba sarei stato più bravo del Meassa e del Massola!»
Gli rispondeva il pensionato veneto Giovanni: «Ma tasi mona! Ti te xeri un gran broco, gnanca bon de cicar la bala! Pien de bale d’un musso!»
Ovviamente Gigio s’incazzava:«Adess te scepi el mus! Brutt magna ratt d’un paduan!»
«Va’ indrio! Bauco! Mi te strosso! Mi te masso! Mi te tajo el colo!» replicava Giovanni.
Si assisteva così alla nascita di una nuova disciplina sportiva: la lotta lombardo-veneta, farcita di sputi, morsi, colpi bassi e quant’altro.
Doveva intervenire il pensionato siciliano Calogero a dividerli: «Che minchia fate! Smettetela, due cornuti fetusi! Come l’arbitro Lo Bello devo fare! Pigghiative ’ste timbulate! Fermi! Fermi! Ma guardate ’sti polentoni... e poi dicono che noi terroni teniamo la testa calda!»
La rissa domenicale terminava davanti a innumerevoli calici di vino che sancivano la fine del conflitto calcistico e la ritrovata pace pensionistica.
Si avvicinava intanto l’ultima giornata di campionato in corrispondenza della chiusura dell’anno scolastico. Al liceo frequentato da Lino fervevano i preparativi per la festa di fine anno. Era fissata per sabato sera mentre la partita decisiva si sarebbe svolta domenica pomeriggio alle 16. Non avrebbe potuto mancare ad entrambi gli appuntamenti, sarebbe stato protagonista degli eventi in programma. Se lo sentiva.
Gigi e Geppe si preparavano invece a sfogare la loro cattiveria sul povero Maurizio. L’assenza di Alfonso avrebbe consentito alle due carogne di architettare nuove angherie ai danni del portiere di riserva. Avevano però fatto i conti senza l’oste. Alfonso aveva già preso le necessarie precauzioni per tutelare l’amico Maurizio durante la sua assenza. Aveva telefonato a Walter. Era un amico, di tre anni più anziano, alto un metro e ottanta per 80 chili di peso, dotato di un pugno devastante. Ricordava nell’aspetto Carlos Monzon,5 il pugile che aveva steso il nostro Nino Benvenuti. Alfonso raccontò a Walter tutta la storia chiedendogli di vigilare in sua assenza. Nessun problema: ci avrebbe pensato lui a far da angelo custode.
Venerdì pomeriggio la squadra si ritrovò per l’ultimo allenamento. Il mister sfiancò per bene tutti i presenti cercando anche di caricarli in vista dell’ultimo appuntamento della stagione. Una vittoria avrebbe significato la matematica certezza della promozione nella divisione superiore. Era molto preoccupato, l’assenza di Alfonso e di Carlo si sarebbe fatta sentire sicuramente. Lino se la cavava, ma non era certamente un campione. Benvenuto era inaffidabile e di Maurizio era meglio non parlare. Inoltre il caldo stava diventando insopportabile, afoso e umido. Per domenica avrebbe gradito anche un temporale, ma quali sarebbero state le conseguenze sul campo? Come avrebbero reagito i suoi ragazzi? Terminato l’allenamento Maurizio si diresse rapidamente in edicola, voleva fare un regalo ad Alfonso. Sapeva che amava i fumetti americani dei supereroi e quindi intendeva comperargli qualche novità appena uscita e portargliela direttamente a casa. L’edicola del paese ne era tappezzata. C’era solo l’imbarazzo della scelta: Devil, L’Uomo Ragno, Capitan America, Iron Man, I Fantastici Quattro, Thor... mamma mia quanti! Che meraviglia! Che disegni bellissimi! Che avventure fantastiche!
Non sapeva cosa scegliere. Decise di acquistarli tutti, quelli che Alfonso aveva già se li sarebbe tenuti lui. La spesa non era indifferente per le sue povere tasche, ma l’amico se lo meritava, e poi chissà come si stava rompendo le scatole a casa, sdraiato sul divano, quasi immobilizzato. Un po’ di sana lettura made in U.S.A. gli avrebbe rallegrato la giornata. Stava risalendo in bicicletta con lo zaino pieno di fumetti, quando si sentì una mano sulle spalle. Era Geppe con l’inseparabile Gigi.
«Ehi porcello! Quanti giornaletti che hai comperato! Adesso ce li prendiamo noi! Guarda un po’ Gigi... Devil, Thor... bene! Questi me li tengo io, tu prenditi gli altri!»
«No! Restituiteli! Sono per Alfonso!»
«Alfonso, Alfonso! Ma chi se ne frega di Alfonso!» rise Gigi.
«Ha avuto quello che si meritava quel pezzo di merda,» replicò Geppe.
«Siete due stronzi, non potete farmi questo!» urlò il povero Maurizio.
«Osi ribellarti? Adesso ti sistemiamo noi, sporco maiale! Dai Gigi, acchiappalo anche tu che lo massacr...»
Gigi non riuscì a finire la frase.
Uno sganassone violentissimo lo fece volare a terra.
Il sangue gli usciva a fiotti dal naso. Era comparso l’angelo custode di Maurizio. Non aveva le ali ma la faccia di Walter.
Geppe saltò subito in sella alla Vespa, cercando disperatamente di metterla in moto. Troppo tardi, troppo lento, Walter lo prese per il bavero sollevandolo di peso. Lo gettò a terra e gli rifilò un calcio spettacolare nel sedere. Fece un volo di tre metri, atterrando con la faccia su un cespuglio spinoso.
«Contenti? Ne volete ancora? Se vi becco un’altra volta a romper le palle al mio amico Maurizio ve lo taglio via e lo do da mangiare al mio gatto! Adesso filate e non fatevi più vedere! Viaaaaaaaa!»
Le due carogne non se lo fecero ripetere una seconda volta, sporchi di sangue, terra e urina, con culo e naso doloranti inforcarono la Vespa e sparirono in un battibaleno.
«Tutto bene Maurizio?» gli chiese Walter.
«Certo! Certo! Grazie! Grazie!»
«Non devi ringraziare me, ma il tuo amico Alfonso! Chi è amico di Alfonso è amico mio! Adesso ti devo salutare e mi raccomando, stai lontano dai guai!»
Maurizio era rimasto di sale. Conosceva Walter ma, vista la fama di picchiatore, lo temeva. Non avrebbe mai immaginato di trovarselo un giorno come guardia del corpo. Anche questa volta era stato merito di Alfonso, gli sarebbe stato grato in eterno. Balzò felicissimo in sella alla bicicletta e si diresse, veloce come Francesco Moser, verso la casa di Alfonso.
Lino aveva un compagno di classe particolare, anzi decisamente “diverso” dagli altri ragazzi. Era un brasiliano con il nome lungo due metri: Maximo Josè Carmelo Carvalho Ferreira detto “Foforinho”. Un bravo giovane, fidanzato con Paola Valeria, una bellissima ragazza mora. Foforinho era di altezza media, colorito olivastro, educato, simpatico, brillante, elegante, amante dell’alcol, accanito fumatore, con voce flebile e movenze poco mascoline. A chi lo incontrava per la prima volta, non accompagnato da Paola Valeria, non dava l’impressione di esser dotato di grande virilità. Era l’esatto opposto di Lino e con lui a scuola faceva coppia fissa.
Sabato sera era in programma la festa di fine anno scolastico e Maximo ci andò con Lino, deciso a divertirsi come un matto per tutta la notte. Non si ricordava che il compagno di classe avrebbe dovuto giocare a calcio il giorno dopo e quindi si portò cinque bottiglie di cachaca, dodici lattine di birra, cognac e vino rosso. Giunti alla festa trovarono ogni ben di Dio: antipasti favolosi, pesce, lasagne, melanzane alla parmigiana, spaghetti aglio, olio e peperoncino, pasticcini, torte, bibite gassate, birra, vino. Ovviamente Lino non seppe resistere e iniziò a sbafare tutto lo sbafabile, ingollando a grandi sorsi tutto il bevibile. Era certo che avrebbe digerito il tutto senza problemi.
Si sentiva un leone, con uno stomaco di ferro e un fegato in grado di sopportare anche una ciucca di benzina. Rideva e scherzava con tutti e mangiava e mangiava e beveva e beveva. Foforinho si dilettò a preparare la caipirinha. Lino ne andava pazzo, l’adorava e purtroppo ne bevve un litro in meno di dieci minuti. Il risultato fu drammatico. Passò la notte a vomitare maledicendo Foforinho e la sua caipirinha do Brasil!
Il mister era disperato. Anche Lino aveva dato forfait. Sarebbe stato costretto a mettere in campo quella schiappa di Maurizio. In più si stava avvicinando un temporale che, secondo le previsioni, si sarebbe scaricato proprio nel bel mezzo della partita.
Maurizio era teso ma pronto. Aveva letto tutte le avventure di “Devil - the man without fear” che gli aveva prestato Alfonso e non aveva più paura.
Avrebbe parato tutto come Cudicini, il ”Ragno Nero”.
Non avrebbe deluso Alfonso e i suoi compagni.
Benvenuto, zitto-zitto, si era preparato meticolosamente. Non voleva far più brutta figura. Non avrebbe fatto rimpiangere Alfonso.
Alle 16 in punto l’arbitro dette il fischio d’inizio. Subito gli avversari della Polisportiva Isola si spinsero all’attacco. Iniziò così un vero e proprio bombardamento verso la porta di Maurizio, che sudava le classiche sette camicie sotto il caldo sole d’inizio estate. Il centrocampo stentava a fare filtro, ma la difesa rispondeva benissimo con un Benvenuto, versione Tarcisio Burgnich,6 quasi commovente.
Dopo mezz’ora di attacchi continui l’arbitro decretò un rigore a
favore della Polisportiva, scatenando la protesta dei soliti pensionati e del mister. Stava iniziando a piovere mentre il centravanti avversario prendeva la rincorsa per tirare. Un lampo accecante seguito da un tuono fragoroso ruppe la solennità del momento... calciò centralmente con grande violenza... sembrava un rigore di Giorgio Chinaglia...8 Maurizio non si mosse... strinse i pugni e deviò il tiro che rimbalzò verso il limite dell’area.
Pioveva, pioveva a dirotto...
Benvenuto lesto come un gatto rinviò la palla verso la metà campo avversaria ed ecco Renato, con uno scatto bruciante alla Jair, involarsi verso la porta della Polisportiva.
«Vai Jair, vai, vai! Dai che c’è, dai che c’è! Tira, tira, tira... gol, gol, gooool!»
Sì! Il piccoletto, brutto e cattivo l’aveva messa... Sì! Era entrata in rete passando sotto la pancia del portiere... completamente accecato dalla pioggia che scendeva come nel giorno del diluvio universale!
Renato e Maurizio furono travolti dagli abbracci dei compagni sotto un acquazzone incredibile. In pochi minuti il campo di calcio si era trasformato in una palude e l’arbitro era stato costretto a sospendere la partita. Dopo venti minuti era diventato un lago... venne decretata la fine della partita. Il Gruppo Sportivo MS aveva raggiunto la promozione e Maurizio non avrebbe avuto più paura di nessuno.
La pioggia era stata miracolosa.




1. Fabio Cudicini (1935) è un ex calciatore italiano, portiere del Milan, campione d’Italia, d’Europa e del Mondo.
2.  Geppo, il diavolo buono, è il protagonista di una serie di albi a fumetti.
3. Devil è un personaggio dei fumetti pubblicato dalla Marvel Comics.
4. Jair da Costa (1940) è un ex calciatore brasiliano, ala destra dell’Internazionale.
5. Carlos Monzón (1942-1995) è stato un pugile argentino, campione mondiale dei pesi medi dal 1970 al 1977.
6. Tarcisio Burgnich, ex calciatore italiano, difensore dell’Internazionale.
7. Giorgio Chinaglia (1947-2012) è stato un attaccante della Lazio, campione d’Italia nel 1974.


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