Capita che prima di avventurarsi in una nuova esperienza, in un nuovo viaggio, si vada un po' a ripercorrere quello che è già capitato, anche per capire da dove si è partiti.
Noi di Allora Blu ci siamo messi in cammino da qualche tempo percorrendo una nuova strada e perciò ci sembra giusto ricordare da dove tutto è cominciato.
Nel novembre del 2013 veniva pubblicata, per le edizioni Dalla Vigna, la nostra prima fatica: La testa nel pallone, storie di calcio e dìaltri sport. Sono rimaste poche copie disponibili di quel libro, alcune si possono trovare in qualche biblioteca. Vogliamo approfittare del periodo estivo, quello dove in teoria abbiamo più tempo libero, e pubblicare i racconti scritti da dodici autori che ancora non si erano formati in gruppo e nominati Allora Blu...
Li pubblicheremo a puntate, un po' come facevano i quotidiani anni fa.
È anche un modo per tenervi in contatto con noi che, tra una puntata e l'altra, magari vi terremo aggiornati sul futuro, su ciò che sarà...
Ci sembra giusto e doveroso iniziare con la prefazione scritta da Sergio Giuntini, giornalista, insegnante e membro del consiglio direttivo della Società Italiana di Storia dello Sport.
Domani pubblicheremo l'introduzione scritta da Rino Morales e da lunedì ogni due o tre giorni posteremo i racconti de La testa nel pallone.
Non ci resta che salutarvi, auguravi buona lettura e... buon viaggio!
Prefazione
di Sergio Giuntini
Come è stato osservato dalla sociologia francese lo sport rappresenta oggi un “fatto sociale totale”. Esso costituisce una delle principali forme di educazione e socializzazione per i giovani; uno degli argomenti privilegiati della “chiacchiera” quotidiana, popolare e colta; aiuta ad abbattere i “muri generazionali” avvicinando classi d’età disparate; facilita l’integrazione dei nuovi cittadini provenienti da altre realtà geografiche e culturali; crea robusti legami di amicizia e solidarietà. Queste molteplici opportunità hanno naturalmente avuto un significativo riconoscimento in letteratura. Una straordinaria ricaduta letteraria, anche se non si può parlare d’un vero e proprio genere “letteratura sportiva” bensì di qualcosa di diverso e più significativo che è stato ben sottolineato da Luigi Garlando.
Secondo il suo punto di vista una simile letteratura si compone di due fondamentali tipologie: “L’opera di fantasia a tema sportivo e la narrazione in forma letteraria di un evento realmente accaduto. Apparentemente si tratta di due spinte contrarie: da una parte lo scrittore lascia il cielo della letteratura per calarsi in uno stadio; dall’altra il giornalista, che nello stadio ci abita, prova a elevare la materia sportiva verso il cielo della letteratura”. Tuttavia in realtà, continuava Garlando, ciò non accade giacché “quando tratta di sport, la letteratura non si abbassa affatto, ma fa semplicemente il suo mestiere che è quello di raccontare l’uomo e le sue passioni; e quando un giornalista sportivo prende una vittoria o una sconfitta, la depura delle contingenze e ne fa un evento mitico dal valore universale, compie un’operazione letteraria a tutti gli effetti. Scrittori e giornalisti, insomma, giocano la stessa partita”.
Vicenda umana complessa e profonda, lo sport s’innalza però – crediamo – ad autentica, alta letteratura, solo nel momento in cui serve anche a raccontare altro. La pratica sportiva ai suoi diversi livelli, da quelli superprofessionisti agli amatoriali, non prescinde mai infatti dalla vita vissuta, e la narrativa che riesce a coglierne l’essenza più pura è quella che sa sfruttarne a fondo il ricchissimo potenziale metaforico, traducendolo in un’opera capace di trascendere il romanzo pensato come semplice “romanzo sportivo”. Tenute ferme queste considerazioni, in Italia soprattutto intorno al calcio – lo sport nazional-popolare per eccellenza – si è esercitata la nostra letteratura. Con esiti alterni, ma con una tendenza costante negli ultimi decenni ad una crescita non più esclusivamente quantitativa. E all’interno di una tale produzione, notevoli proporzioni ha assunto anche l’antologizzazione del gioco del pallone. A far da battistrada è stata la raccolta ospitata sul numero 16 (maggio 1998) del quadrimestrale Panta. Curata da Sandro Veronesi, questi nel suo testo d’apertura avvalorava il bisogno di una letteratura sul calcio come presidio all’anti-calcio fatto dal gran effluvio di denaro, affarismo, scandali che gli ruotano attorno. Una sorta di antidoto al degenerante, simbolico biscardismo radio-televisivo.
Raccogliere scritti sul calcio – notava Veronesi – è un po’ come raccogliere conchiglie in riva al mare: ne trovi sempre, ogni mareggiata ne porta di nuove, e ciascuno se ne può sbalordire come fosse la prima volta. Tra tutti gli sport, il calcio è quello che si è spinto più avanti, durante questo secolo, nel farsi “mondo a sé”, con la sua espansione, le sue caste, i suoi privilegiati, la sua epica, la sua decadenza, i suoi eroi e le sue vittime, oltre naturalmente all’incessante, poderoso respiro del popolo che lo legittima. Per questo, da sempre, il calcio ha catturato l’attenzione degli scrittori, e continua a farlo ancora, come se non si vivesse affatto in un’epoca infarcita da osceni interessi economici legati al suo sfruttamento commerciale. Ma forse, proprio come per le conchiglie, la forza del calcio sta nel riuscire a generare stati d’animo primitivi, cancellando il contesto, per così dire, con tutte le sue impoetiche connotazioni socioeconomiche, e ri-livellando tutto quanto sul grado più basso e arcaico, quel fitto mistero che si sprigiona attorno al ruzzare dei famosi ventidue-imbecilli-in mutande-che-corrono-dietro-a-una-palla.
Complessivamente Veronesi riunì la bellezza di cinquantasette autori, fra cui Ferdinando Acitelli, Roberto Alaimo, Edoardo Albinati, Stefano Benni, Manlio Cancogni, Nello Governato, Massimiliano Governi, Marco Lodoli, Valerio Magrelli, Gianni Mura, Roberto Mussapi, Edoardo Nesi, Darwin Pastorin, Ezio Vendrame, Valeria Viganò, Valentino Zeichen. Un’antologia che, per numeri e spessore delle presenze, rimane insuperata. Nemmeno Schema libero, edito nel 2003 da La Gazzetta dello Sport, che pure poteva contare su un “organico” di tutto rispetto, ha saputo avvicinarla. Merita comunque riproporre la “rosa” dell’Osvaldo Soriano Football Club, ovvero la Nazionale di calcio degli scrittori, da cui scaturì quell’esperienza antologica: Fernando Acitelli, Alessandro Baricco, Marco Bosonetto, Enzo Fileno Carabba, Cristiano Cavina, Andrea Cotti, Carlo D’Amicis, Alessandro Fabbri, Gian Luca Favetto, Carlo Grande, Davide Longo, Carlo Lucarelli, Michele Mari, Alessandro Perissinotto, Davide Pinardi, Enrico Remmert, Stefano Sardo, Giancarlo Simi, Dario Voltolini. È evidente come sommando i nomi di Panta con quelli di Schema libero non si vada obiettivamente molto lontano da un panorama abbastanza rappresentativo dell’odierna letteratura italiana. Un’Italia letteraria unificata dal calcio come gioco e passione, modalità espressiva non più repressa o tenuta nascosta, superando così quella diffidenza verso lo sport manifestata per lungo tempo da un certo mondo intellettuale.
Nel 2005 era la volta di Il portiere caduto alla difesa. Il calcio e il ciclismo nella letteratura italiana del Novecento e, in concomitanza del campionato del mondo del 2006 vinto in Germania, si ebbero due altre uscite interessanti. Da un lato Ogni quattro anni. Racconti mondiali: un volume, vale segnalarlo, sorto intorno al “presidio di affabulazione sportiva” ribattezzatosi brerianamente Em bycicleta. Dall’altro Azzurri. 11 scrittori italiani raccontano il mito della Nazionale, curato da Tommaso Pellizzari e con uno schieramento titolare di questo tipo: Eraldo Affinati, Giuseppe Culicchia, Giancarlo De Cataldo, Paolo Di Stefano, Favetto, Giuseppe Genna, Melania Mazzucco, Raul Montanari, Aldo Nove, Alessandro Perissinotto, Dario Voltolini. Come emerge chiaramente diversi narratori ritornano di frequente in queste “squadre antologiche”, tuttavia in Azzurri uno dei racconti più riusciti è senz’altro quello della Mazzucco, l’unica voce femminile. La storia toccante e delicata d’una nipote che, solo alla sua morte, scopre con rimpianto quanto la nonna amasse il calcio.
Il fascino del futbol sudamericano è all’origine della silloge La matematica del gol (2007), e nel 2010 con Ogni maledetta domenica. Otto storie di calcio si è tentato di riproporre un punto di vista politico sul calcio partendo dalla letteratura. Uno sforzo necessario che nell’introduzione Alessandro Leogrande spiegava così: “Gli otto pezzi che compongono questa antologia provano a raccogliere alcuni brandelli del calcio che rimane. Del calcio come sistema, e del calcio come dissidenza. Alcuni indagano il tifo, le sue comunità residuali o il mondo degli ultras con le sue storture. Altri le vite di calciatori, allenatori, cacciatori di talenti fuori dal coro. Altri ancora l’alterazione del linguaggio sportivo e dello sguardo sulle cose [...]. Gli autori guardano al presente e alle sue ossessioni, scorgono nel calcio i segni di trasformazioni, rivolgimenti, sconquassi più ampi. Anche quando si accostano ad alcune delle poche eresie ancora presenti, non dimenticano di aprire uno squarcio sulla desolazione che lo circonda e che ne fa da sfondo”.
A questo neo-calcio senz’anima, par di capire dalle parole di Leogrande, mancano e tanto i Gigi Meroni, i Paolo Sollier, gli Enzo Vendrame di una volta. Quegli anticonformisti “eretici” che, purtroppo, non sembrano ritornare più. Ma nello stesso tempo la letteratura calcistica non può divenire un rifugio, una fuga dalla realtà. Questa antologia differisce dunque dalle altre per un rifiuto del ripiegamento estetico sul bello del calcio. Respinge un certo qual compiacimento del descriverlo come un semplice luogo della memoria, come un fatto più biografico e personale che sociale. Incita a calarsi maggiormente nelle sue metamorfosi, sfruttando la letteratura per una riflessione critica sul fenomeno. Sempre nel 2010 hanno visto la luce Ho parato un rigore a Pelè. Gli scrittori italiani e il grande romanzo del calcio, nel quale venivano intessute delle conversazioni-interviste sul calcio con Gianrico Carofiglio, Alberto Garlini, Raffaele La Capria, Ugo Riccarelli, Antonio Tabucchi, ecc., e Per tirare bisogna tirare in porta. Raccolta, quest’ultima, che alle tredici penne coinvolte ha assegnato il compito di raccontare il proprio, carismatico, calciatore. Con Era l’anno dei Mondiali (2010), Paolo Verri affidava invece a diciannove altri autori la storia delle diverse edizioni dei campionati del mondo fin lì disputate, mentre due anni dopo, con C’è un grande prato verde, Carlo D’Amicis riusciva addirittura a metterne insieme quaranta, impegnati nella cronaca di tutte le giornate della Serie A 2011-2012.
È in questo solco prolifico e vivace che s’inscrive pertanto La testa nel pallone. Storie di calcio e di altri sport a cura di Maurizio De Filippis e Giovanni Francavilla. Ho conosciuto De Filippis da studente universitario e da allora so bene quanto valga e ho potuto apprezzare gli altri interpreti di questa bella avventura narrativa avendo avuto il privilegio di leggerli – immagino fra i primi – in bozze. Le pagine che hanno collezionato sprizzano genuino entusiasmo e passione. Raffigurano il calcio e altre due discipline importanti quali il ciclismo e il pugilato, che letterariamente hanno un grande passato, con quell’amore e gusto disinteressato che dovrebbero sempre costituire la modalità migliore per accostarvisi e coglierne tutta la bellezza e i valori. Le prefazioni, com’è risaputo, rischiano ogni volta d’apparire occasionate e formali, ma nel caso in questione l’auspicio sincero, non di maniera, è che questo volume passi davvero per tante mani. Si conquisti un suo pubblico di lettori che, come gli autori, credono in uno sport, in un calcio, che può ancora insegnare molto.
Sergio Giuntini, membro del consiglio direttivo della Società Italiana di Storia dello Sport (SISS), insegna “Storia dell’educazione fisica” presso l’Università di Roma Tor Vergata. Tra i suoi volumi più recenti: Pugni chiusi e cerchi olimpici. Il lungo ’68 dello sport italiano (2008); con Maria Canella Sport e fascismo (2009); L’Olimpiade dimezzata. Storia e politica del boicottaggio nello sport (2009); Pape Milan Aleppe. Il Milan è un linguaggio di poeti e di prosatori (2011); I calciatori delle palestre. Football e società ginnastiche in Italia (2011); con Maria Canella e Marco Turinetto Sport e stile. 150 anni d’immagine al femminile (2011); Gabriele D’Annunzio l’inimitabile atleta. Sport e super-omismo (2012); Lo sport del nuoto prima delle piscine. 1898-1914: quando si nuotava in mare, laghi e fiumi (2013); con Claudio Gregori E poi Milan e Benfica, Milano che fatica (2013).
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